CALLCENTERISMI

Circa le 14.00,
solita chiamata della signorina Fastweb (che io immagino tutte magre, belle, camicia bianca e tailleur nero quando so benissimo essere in tuta verde e fuksia, sciarpone rivoluzionario e pinza tra i capelli sporchi) che voleva rifilarmi una dozzina di km di fibra ottica da mettere chissà dove. Schiaccio “rispondi”, percepisco il brusio callcenter-iano tipico di queste chiamate, preparo già la scusa per controbattere la solita ed inevitabile insistenza della signorina di turno. Mi accingo a raccontarle questa balla divertentissima che avrebbe fatto ridere anche i miei colleghi. Una scusa memorabile. Stupenda. Sto per partire, mi limito ad un primo “no” di riscaldamento. E al mio primo “no, non sono interessato” lei cosa fa? Che cosa fa la signorina? Dice “Ok grazie, mi scusi il disturbo”. E attacca. Attacca. Al primo “no” lei ha attaccato. Senza insistere. Senza nemmeno attendere la mia risposta. Non ha insistito. Sono rimasto come un coglione, io, il cellulare in mano, le facce impietosite dei miei colleghi e questa divertentissima scusa sprecata che – a questo punto – non fa ridere più nemmeno a me.

Signorine dei call center, non scherziamo. Per piacere: non trattateci con superficialità. Non riattaccate subito. Insistete almeno un pochino. Perché il realtà noi amiamo dirvi “sono riunione, non posso parlare”. Amiamo ribadirvi che state disturbando la nostra quotidianità. Amiamo gridare al mondo “sti stronzi dei call center rompono il cazzo a tutte le ore. Ma chi vi autorizza?”.

E’ che in fin dei conti abbiamo tanto bisogno di voi.
Per sentirci grottescamente migliori di voi.
E l’ho capito soltanto oggi.

Buona giornata.

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